Regia di Stuart Rosenberg vedi scheda film
Per quanto potesse sospettare qualcosa, solo vivendo in incognito per 15 giorni come recluso nel carcere di Wakefield, il nuovo direttore Brubaker può iniziare a farsi un'idea dello stato delle cose. Nata come prigione-modello con l'intento di trasformarsi in una fattoria che produce mais, legname e alleva bestiame; senza guardie, ma con alcuni dei prigionieri promossi ad "affidabili" ed essi stessi responsabili della disciplina, a Wakefield però vige un regime oligarchico, in cui i detenuti senza alcun titolo sono soggetti a violenze e vessazioni anche gratuite, nonchè costretti a pagarsi ogni piccolo surplus dal trattamento standard, compresa la porzione di carne a mensa o l'assistenza medica. Ma anche gli impiegati non fanno altro che lucrare sugli affari commerciali, mantenendo un tornaconto privato piuttosto che destinare gli utili alla manutenzione delle baracche o a condizioni igieniche più accettabili.
Brubaker si insedia come nuovo direttore col mandato del Governatore di emendare tutti i comportamenti illeciti e ripristinare l'obiettivo originario del progetto. Dovrà affrontare lo scetticismo degli stessi detenuti, ormai incapaci di dare fiducia a chicchessia dopo anni di parole a vuoto da parte dei precedenti direttori, ma soprattutto si scontrerà inaspettatamente col Comitato di Gestione del carcere fino a mettere in dubbio la ragione stessa del suo compito...
Anni '70 e impegno civile. Non è stato mai facile comunque mettere alla berlina le istituzioni e schierarsi dalla parte dei "cattivi" ossia dei detenuti che, come dice nel film Brubaker "intendiamoci: la maggior parte di voi merita di stare qui!..."
Ma in qusto sta la forza del film: nell'intendere senza se e senza ma che ogni uomo abbia diritto alla dignità, anche se la società ha deciso di punirlo e recluderlo.
Anni '70 e impegno politico: Brubaker nel film appare come un personaggio con una sua integrità personale che non vuole farsi contaminare dalla politica; è uno dei primi che dice che i politici sono tutti uguali ("parlate la stessa lingua") sia i riformisti sia i conservatori; e questo - che oggi risuona come un leit-motiv comune - allora era già una potente provocazione.
Non lo considero un film buonista o scontato, anche se poi si è creato tutto un genere di film di vera o presunta denuncia. Lo ricordo invece come una pellicola capace di scuotere le coscienze.
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