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Breve incontro

Regia di David Lean vedi scheda film

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La recensione su Breve incontro

di luisasalvi
4 stelle

“David Lean, che forse un genio non è mai stato (con buona pace per gli incensi al BRIEF ENCOUNTER caro alle antologie di papà)”, sentenzia Fumagalli recensendone Lawrence d’Arabia (in Filmselezione, in http://www.cerca-film.it/).

Sopravvalutato fin dall'inizio anche da coloro che ormai lo dicono sopravvalutato (Mereghetti) e continuano a fraintenderlo in modi diversi; qualcuno come impegno morale che trionfa sulle tentazioni dell'amore illegale, qualcun altro come amara descrizione di come le norme morali siano oppressive e impongano mancanza di libertà e di realizzazione del vero amore e di una vita piena; entrambe valutazioni ideologiche, diversamente "moralistiche" (lo è anche l'etica dell'amor cortese che fiorisce solo in barba alla legge morale). Della famiglia di Alec non ci viene detto nulla, ma quella di Laura appare normale, con figli simpatici e un marito abbastanza comprensivo e comunque non più noioso di Alec. "Piccolo borghese" è soprattutto il sogno d'amore coltivato con la fantasia, peraltro tutt'altro che "casto" (Mereghetti) dato che solo l'intervento imprevisto dell'amico di Alec ne impedisce la "realizzazione". Di Alec non sappiamo nulla, ma lei appare come poi la sposina di Lo sceicco bianco, con la differenza che Fellini ne ha fatto un capolavoro di ironia e insieme di verità psicologica, mentre Lean ne ha fatto una cosetta sentimentale poco migliore dei fotoromanzi allora di successo e che Fellini ha esplicitamente deriso e Lean implicitamente imitato, qui e poi in altri suoi film di successo. Anche il fallimento delle intenzioni amatorie è dovuto in entrambi i casi ad un accidente casuale, che in Lean ha un sapore moralistico ambiguo, da "destino fatale", ottimo per lasciare al pubblico e ai critici la scelta morale che si preferisce. La conclusione è ancora simile, ma anche questa esplicita in Fellini, ambigua in Lean: lei "si confessa", confusamente in un caso, in silenzio nell'altro; il marito è "comprensivo" e un po' preoccupato: d'ora innnanzi la sposita italiana promette che sarà lui il suo "sceicco bianco", convinta a tingere di rosa anche la vita reale (fin che potrà); e Laura? Il film di Fellini sembra un voluto chiarimento di questo, che chiaro non è per nulla.

Anche la descrizione dello "sbocciare" del loro "amore" e i loro dialoghi vanno bene per chi è di bocca buona, per quanto possano essere "veri" e quotidiani; così quotidiani, così noti a tutti, da essere banali: tutti credono eterno il primo amore, e lo puoi far credere tale anche in un film o in liriche d'amore; anche il secondo o l'ennesimo amore adultero può sembrare eterno ai protagonisti che possono definirselo e giurarlo tale, ma un flm che lo descrive non può che farlo in modo ridicolizzante se vuole evitare il feuilleton, dopo che i due si sono visti due o tre volte in tutto al bar della stazione: ognuno di loro ha conosciuto molto meglio il proprio compagno prima di sposarlo, ed ora è legato da affetto, abitudini e figli (il film lo mostra chiaramente, almeno per Laura); ovvio che lo si possa dimenticare per una sbandata creduta eterna, ma non può crederlo lo spettatore se non è a sua volta un piccolo borghese educato sulle telenovelas.

In tale ambiguità gli attori hanno buon gioco a essere "espressivi", ma non per questo sono bravi: per esempio, lei tornando in treno dopo la prima dichiarazione del loro amore si dichiara a se stessa "felice", e poiché sta dialogando con se stessa la vediamo riflessa nel finestrino del treno e poi nella realtà, con qualche abile cambiamento di espressione (buon colpo di regia), ma non appare affatto "felice" come dice di essere: ottimo, se (come credo) vuole far vedere che quell'amore non paga, oppure se vuole mostrare l'oppressione mortificante delle convenzioni sociali e delle norme morali, ma sarebbe andato bene anche se lei si fosse mostrata davvero felice come diceva, o con qualunque altro tipo di espressione, preoccupata o spaventata o di attesa, o magari furbetta o inespressiva. Più o meno lo stesso discorso può valere in ogni altro momento del film, sempre ambiguo; i personaggi collaterali, sia quelli alla stazione, sia l'amico di Alec o il marito di Laura, possono avere un ruolo dissacrante o opprimente, distensivo o ironico, positivo o negativo: tutto va bene, perché il film non dice niente e bada solo a soddisfare tutti. Forse con quella sotterranea sorniona ironia inglese, a volta così sotterranea da riuscire indecifrabile anche agli inglesi.

E' istruttivo leggerne i commenti, proprio nella loro opposizione.

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