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La fuga

Regia di Delmer Daves vedi scheda film

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La recensione su La fuga

di luisasalvi
6 stelle

Madge è una donna che non rinuncia a ciò che vuole, tanto meno a un uomo di cui si innamora ma che la rifiuta. Ne uccide la moglie, che è sua amica; poiché l’uomo la rifiuta ancora, testimonia in tribunale che l’amica morente le ha detto che è stato lui a ucciderla. L’uomo è condannato, ma evade. Lei lo scopre per caso, perché ne riconosce la voce mentre è rifugiato a casa di una sua amica; lei pensa che questa abbia una relazione con lui e vuole punirne entrambi; segue lui che va da un amico, quando lui esce lei entra e uccide l’amico. Finalmente lui capisce che è lei la duplice assassina, cerca di farla confessare, ma lei rifiuta, retrocede verso l’ampia finestra e… cade sfracellandosi al suolo.

Non è una grande storia, ma se ne usavano di questo genere; per esempio mi pare che fosse simile la protagonista, qualche anno dopo, di Angel face di Preminger; ma, appunto, la protagonista: ci vuole un certo impegno per rendere accettabile, se non credibile, una tale donna e tali comportamenti. Invece qui Madge compare molto poco, ma funziona da deus ex machina in tutta la vicenda, che ha per protagonista Vincent Parry (Bogart), l’uomo che poi sapremo amato-odiato da Madge, ma che per ora non vediamo neppure, e continueremo a non vedere a lungo, se non di spalle al buio, oppure solo le mani, e solo a metà film ne capiremo il motivo, che sarà apprezzato nei decenni a venire come la grande trovata del film: Vincent si farà una plastica facciale per non farsi riconoscere, essendo evaso da S. Quentin, condannato per uxoricidio; un abile chirurgo gli darà i connotati, nientemeno, di Humphrey Bogart, che finalmente potremo ammirare nella seconda metà del film. Intanto è solo un evaso; noi lo immaginiamo perché è nascosto in un bidone (ne vediamo solo le mani); si nasconde, poi fa autostop e viene caricato da uno che capisce che lui è un evaso e intende guadagnare la taglia; ma Vincent lo disarma, lo scazzotta, poi arriva la sconosciuta Irene (Bacall), che lo invita sulla sua auto e poi a casa sua; il padre di lei era morto in prigione per una falsa accusa di uxoricidio e questo basta a convincere lei che lui è innocente. Ma lei è amica di Madge, che bussa alla porta proprio mentre Vincent è solo… e le risponde, in modo che lei lo riconosce! Tutto normale, no? Risparmio i dettagli su un altro amico dell’una e dell’altra donna, ma già anche della defunta signora Parry. Finalmente Vincent se ne va da un amico, ma viene riconosciuto dal taxista… il quale decide, come Irene, che lui è innocente, e lo porta da un suo caro amico, un chirurgo radiato per qualche delitto ma bravissimo; sono tutte cose che capitano molto spesso, se non nella vita, almeno nei film di Daves. Vincent torna bendato dall’amico, che nel frattempo è morto assassinato. Per fortuna il primo automobilista che aveva caricato l’evaso e che poi ne era stato picchiato aveva ripreso i sensi in tempo per seguire Irene che lo porta via, così ora lo ferma e lo ricatta chiedendo una cifra ben più alta della taglia, perché lui ha già scoperto che lei è ricchissima e innamoratissima di Vincent, disposta a pagare per lui. Ma intanto assicura Vincent di non essere stato lui ad uccidere l’amico, anzi, quella volta non ha neppure osato seguirlo, perché c’era già una auto gialla che lo seguiva… “Gialla”!? Allora era Madge, lei ama il giallo, vuole tutto giallo. Ragazzi, che giallo! Vincent ha scoperto il vero (la vera) colpevole, ed ha un quasi testimone… peccato che nella colluttazione che segue il possibile testimone scivola, precipita e muore, come poi anche Madge. Ma Irene è ricchissima e innamoratissima, Vincent si è rifatto la faccia e la aspetta in Perù con la faccia di Bogart.

A me piace il noir come genere e Bogart come attore, e trovo che Lauren Bacall è affascinante, anche se non eccelle come attrice; ma qui ci vogliono ben altre spalle per reggere un personaggio che si innamora perdutamente e impegna la propria vita per un condannato per uxoricidio solo perché il proprio padre era morto in prigione ingiustamente condannato per lo stesso motivo. Ma è tutta la storia che non sta in piedi; altro che "ai limiti della verosimiglianza", come afferma Mereghetti dopo un riassunto che sembra preso da un altro film (ha saputo riconoscervi una "fuga idealista" e un finale naturalmente "indimenticabile", per concludere con considerazioni da dimenticare): di verosimile non c'è nulla, oltre allo sguardo innamorato e davvero fascinoso che la Sig.ra Bogart lancia al marito per il piacere di aver finito il film.

L'avevo già visto, e credo che lo conserverò per rivederlo ancora, perché mi piacciono i noir e i protagonisti di questo, ma è troppo assurdo per persuadere, privo di spiegazioni dei fatti e dei comportamenti, nonostante il tono realistico, del resto tipico dei noir e più ancora di Daves, poiché altri film suoi di successo hanno vicende e comportamenti dei personaggi altrettanto assurdi e ingiustificati; così Quel treno per Yuma e L'albero degli impiccati, entrambi interessanti a una prima visione, ma anche sconcertanti se ne analizzi la vicenda.

Ancora una noterella: si usa lodare il film per il fatto che tutta la prima parte è “in soggettiva” dalla parte di Vincent; il che non è vero, i molti primi piani di Irene e del taxista al volante ovviamente non possono essere in soggettiva; gli altri non c’è motivo che lo siano (tranne alcuni), ma appaiono tali perché non c’è scambio fra i due interlocutori, dato che Vincent non può avere ancora la faccia di Bogart; per la cronaca lo vediamo alcune volte in fotografia sui giornali… con dei baffetti alla Gable.

 

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