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Break Up

Regia di Marco Ferreri vedi scheda film

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La recensione su Break Up

di LorCio
8 stelle

È storia nota: dopo aver visionato il primo girato del nuovo film di Marco Ferreri, Carlo Ponti stravolse il racconto e ridusse la durata del lungometraggio a quella di un episodio, commissionò a Eduardo De Filippo e Luciano Salce la realizzazione di altri due storielle con il divo Marcello Mastroianni protagonista assoluto e confezionò Oggi, domani, dopodomani, che sin dal titolo strizzava l’occhio al successo internazionale del premio Oscar Ieri, oggi, domani. Il trittico non ebbe il successo sperato ma Ponti, che aveva già litigato con De Sica per la soppressione de Il funeralino ne L’oro di Napoli e sforbiciato cosucce come Il disprezzo di Godard, si consolò con il trionfo mondiale de Il dottor Zivago.

 

 

Al netto del cinismo industriale, poiché Ponti non era affatto uno sprovveduto, sulla scia dell’ottimo riscontro di Blow-up di Antonioni, capì che quel film di Ferreri, che aveva martoriato e boicottato, poteva essere sfruttato in una prospettiva internazionale: l’opera provocatoria di un autore riconosciuto con un attore popolare. Sicché, nel 1969, riaffidò la pratica al regista, che girò tre nuove scene, rimontò e rimissò il precedente girato e ribattezzò il film Break Up (rottura). Nonostante il buon esito della distribuzione francese, dopo una deludente proiezione americana, Ponti decise di non distribuirlo. Esasperato, Ferreri abbandonò l’idea di salvare il vecchio progetto. Nel 1973, il film fu proiettato alle Giornate del Cinema Italiano e pare che una copia girò in qualche cineforum nazionale.

 

Marcello Mastroianni

Break Up (1965): Marcello Mastroianni

 

Tutta questa emblematica parentesi storica è il preambolo indispensabile per parlare di Break Up, il film maledetto (e perlopiù mai visto) di Marco Ferreri, riportato alla luce dalla meritoria operazione di restauro promossa dalla Cineteca di Bologna e dal Museo del Cinema di Torino. Introdotto da titoli di testa psichedelici e da una serie di fotogrammi che annunciano la storia attraverso i dialoghi del protagonista con i collaboratori, è il racconto di una discesa agli inferi. L’industriale Mastroianni, leggiadramente sull’orlo del baratro in una delle prove più inquietanti della sua carriera, rimane ossessionato dalla ricerca del punto massimo che un palloncino può sopportare prima di esplodere. Mentre la fidanzata Spaak, già matura nella sua meravigliosa giovinezza oscena, tenta di riportarlo alla realtà per mezzo del suo corpo desiderabile, lui trascorre la giornata interrogando amici ingegneri, misurando costantemente la circonferenza del palloncino e comunicando quasi esclusivamente con un cane che non può rispondergli.

 

Marcello Mastroianni, Catherine Spaak

Break Up (1965): Marcello Mastroianni, Catherine Spaak

 

Una delle scene nuove, la festa dei palloncini nella discoteca, girata negli smaglianti colori di Aldo Tonti (l’operatore alla macchina è Luigi Kuveiller, mago dei cromatismi per Elio Petri), è uno dei frammenti più allucinanti e mortuari del cinema degli anni sessanta. Non a caso chiude il decennio all’interno di un film che, attraverso il suo completamento ritardato, trova una chiave di lettura a posteriori proprio in questo scarto temporale. Laddove la crisi in bianco e nero dell’uomo del boom appare il sintomo di un consumismo furibondo e teso all’accumulo (dai macchinari che aprono il film alle patacche d’antiquariato del décor), lo smarrimento onirico e bulimico della festa (con gli echi felliniani forse garantiti dall’esperienza di Mastroianni) proietta il borghese nell’ostilità di un’orgia simbolica che non sa gestire. È il film sulla perdita del controllo, sull’incapacità del completamento (quasi metafilmico) sui palloncini che si gonfiano e improvvisamente esplodono, abdicando in quanto corpi, lasciando il vuoto. Ci vide lungo Moravia: «Quanto benessere neocapitalista può essere pompato nella società senza farla scoppiare?».

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