Regia di Orson Welles vedi scheda film
Visionario, onirico, cupo, con un'atmosfera oppressiva e claustrofibica. Tale atmosfera è ben resa dallo spazio profondo, ma al tempo steso ben delimitato in ogni sua direzione (...i soffitti....), che fan sì che il protagonista si muova (soprattutto nella prima parte) come un topo in gabbia senza via di scampo. La situazione pare assurda sin dal principio e il protagonista, Anthony Perkins, sembra inizialmente ribellarsi con la sua spavalderia, ma poi poco a poco si immedesima e si abbandopna alla "logica della vittima", come se fosse rapito da quello strano meccanismo psicologico quale è "la profezia che si autoadempie".... Film minore della filmografia wellesiana? Non scherziamo! La profondità di campo (tutta a fuoco) ci regala sequenze che sono delle chicche del/per il cinema; il montaggio, il taglio delle inquadrature, la fotografia in bianco e nero, la sceneggiatura e le interpretazioni degli attori sono di assoluto livello e non possono lasciare indifferenti i cinefili o coloro che hanno un minimo di alfabetizzazione cinematografica. Goduria pura! Welles si è sempre dimostrato avanti per i suoi tempi e come in molte altre opere, anche qui ne "Il Processo", il tempo sembra essersi cristallizzato, regalandoci un'opera che sembra attuale per "modernità" realizzativa (che significa poi "moderno" implicherebbe discorsi infiniti...). E' un esempio di cinema visionario/onirico che dovrebbe/potrebbe far riflettere parecchi spettatori che considerano il cinema solo degli ultimi 20-30 anni. Falso!!!! Lynch e co. hanno mangiato/masticato tanto cinema del passato e non hanno inventato un beneamato cazzo!
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