Regia di William Friedkin vedi scheda film
“L’albero del male” soffre del passaggio del tempo. Quindi meglio metterlo in chiaro fin da subito: lo spettatore della nuova generazione, quello insomma cresciuto con “Hostel” (2005), “Saw” (2004), “Paranormal Activity” (2007), “Insidious” (2010) e via dicendo non riuscirà purtroppo ad apprezzare questo gioiello (salvo non si tratti di qualche appassionato nostalgico particolarmente ferrato in materia).
Si tratta del classico caso di cult rimasto nell’ombra, semisconosciuto e dimenticato, ripudiato perfino (e a torto) dal suo stesso autore. Certo, “L’esorcista” (1973) era tutt’altra cosa. Ma chiunque sia cresciuto nella gloria del cinema horror anni ’80 – “Démoni” (1985), “La casa” (1982), “Poltergeist” (1982) ed “Hellraiser” (1987), solo per citarne alcuni – non potrà non voler bene a “The Guardian”.
Perché è appunto in virtù della propria componente retrò che la pellicola, vista oggi, appare quanto mai affascinante e squisitamente datata: oltre agli interni dell’abitazione dei protagonisti e il look dei personaggi, faccio soprattutto riferimento a certe soluzioni visive e all’uso di effetti speciali così gustosamente d’antan.
Ma il valore del film non risiede esclusivamente nella forma; oltre a far leva su timori ancestrali e avvolgendo il tutto in un’inedita atmosfera fiabesca, l’opera di Friedkin vanta tre sequenze da antologia: quella dell’uccisione dei teppisti da parte dell’albero, quella della fuga dal branco di lupi, e quella finale (da applausi) che cita a mani aperte “La casa” (1982) di Raimi rendendo il trionfo dello splatter una gioia per gli occhi.
Sorprendentemente crudo per i tempi, è pienamente degno del talento e della fama di uno dei più grandi registi viventi.
Assolutamente da recuperare. Ma, come ho detto all’inizio, solo per appassionati.
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