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Gangster Story

Regia di Arthur Penn vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Gangster Story

di sasso67
10 stelle

Film cruciale della storia del cinema americano, poiché proprio con Gangster Story si usa far data per l’inizio della New Hollywood, un movimento, o meglio: un insieme di cineasti che intendevano avere un approccio diverso nei riguardi dei loro film, di cui volevano essere veri autori, dalla scelta del soggetto al taglio finale del montaggio. Qui Penn punta sulla violenza e sulla sua rappresentazione che non lasci troppo spazio all’immaginazione; del resto, per il regista, la violenza era uno dei caratteri nazionali americani: «non è la Grecia, non è Atene, non è il Rinascimento – è la società americana, e desidero descriverla dicendo che è una società violenta», dichiarava a proposito di Gangster Story. Che, però, è anche un film picaresco, una commedia (come evidenzia il commento musicale, ma anche il tono generale del film) recitata su uno sfondo tragico, che è quello della Grande Depressione. Bonnie Parker e Clyde Barrow sembrano due Robin Hood bambineschi usciti, più che da Furore, da La via del tabacco (film entrambi di John Ford). I due banditi sono due bambini (come sottolinea la scelta di non far loro consumare l’atto sessuale se non poco prima di essere uccisi) che si avviano sulla strada del crimine quasi per caso, poi vi si fiondano sempre più consapevoli che una via d’uscita non è ormai più possibile. Bonnie e Clyde, vivi, sono già leggenda, consacrati da una ballata scritta dalla stessa Bonnie e pubblicata dai giornali. Gli altri, i normali cittadini, aspettano soltanto il momento in cui verranno uccisi: perfino la madre della ragazza le predice una morte precoce, mentre un anziano, risparmiato durante una rapina in banca, dichiara alla stampa «porterò un fiore sulla loro tomba». Un film per il quale si può tranquillamente spendere la parola CAPOLAVORO.

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