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La signora di Shanghai

Regia di Orson Welles vedi scheda film

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Michael OHara

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La recensione su La signora di Shanghai

di Michael OHara
10 stelle

Ci si può emozionare immedesimandosi in Michael O’Hara, nel suo sguardo misterioso e nel suo animo puro e naif. Ci si può suggestionare con i contrasti tra luci e ombre e con lo straordinario gioco di specchi del finale (d’ispirazione per molti altri film e citato da Woody Allen in “Misterioso omicidio a Manhattan”). Si può restare ammirati a notare i numerosi carrelli e i piani sequenza che danno fluidità e tensione al film o le angolature da cui Welles decide di riprendere i penetranti dialoghi che riempiono la sua vibrante trama noir. O si può semplicemente godere di un film straordinario e al tempo imperfetto, con Welles un po’ distratto nella recitazione, ma nei panni di un personaggio unico e indimenticabile. Benché sia troppo raffinato per essere un marinaio, Michael O’Hara è una perfetta vittima di questo mondo: libera e sola, indipendente e miserabile, ingenua e istintiva. Creatura perdente per scelta: libero, forte e fiero, ma soggiogabile agli inganni di uomini e donne astuti e senza scrupoli. In un dialogo chiave del film la bella e fatale Elsa (una statuaria e glaciale Rita Hayworth) rammenta a Michael il benessere che trae chi riesce a seguire e a mantenersi fedele alla propria natura e così questi, con la tempra e il carattere dei grandi, riesce a mantenersi savio, nobile e vulnerabile, rimanendo coerente alle sue emozioni e sostenendole con coraggio e perseveranza. Ancora una volta il cinema hollywoodiano degli anni Quaranta, in più sotto la mano sapiente di un grande autore, si dimostra ad uso delle classi, e pertanto classico: “La signora di Shanghai” è un film che riesce ad avere più intelligenza di chi guarda, che travalica i generi e i contesti temporali rimanendo potente e attuale, e in grado – con un implicito elogio agli errori e all’imperfezione – di raccontare una filosofia unica e di suggestionare lo spettatore senza rinunciare a emozionarlo. Il grande regista americano – che si ritaglia addosso un personaggio dalle idee chiare ed evidenti (ha combattuto in Spagna, contro Franco) – si concentra sulla forza delle scelte etiche e sulla logorante distruttività dell’ambizione e ci regala un’ammirevole e illuminante visione del mondo: quella del marinaio O’Hara, che “ha girato troppo il mondo, per poterlo conoscere veramente”.

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