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Blow Up

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su Blow Up

di ZioMaro
8 stelle

Ancora una volta il tema è una riflessione “esistenzialista” sull’uomo e il suo essere nel mondo; ma da qui, prima di tutto, “Blow Up” è un ragionamento di Antonioni sul cinema, sul proprio ruolo di regista.
Il film è assolutamente affascinante perché intrigante e ambiguo, è sempre spunto per nuove interpretazioni: ma credo di poter dire che ciò a cui Antonioni arriva in questa pellicola (per alcuni non un capolavoro, ma credo decisamente centrale nella sua filmografia) sia una dichiarazione di intenti che costituisce una piccola rottura col passato.
I film precedenti solitamente puntavano la macchina da presa sull’uomo nelle sue relazioni interpersonali, il suo essere con gli altri e nel suo particolare contesto (la città, la provincia), tutte caratteristiche che fanno ancora pensare a un approccio spiccatamente realista, nella migliore tradizione italiana; spesso con l’implicazione morale di visioni su una borghesia annoiata e arida, indugiando sulla ripresa di ambienti e oggetti (i famosi “tempi morti”), che già rivelavano una volontà di analizzare a fondo le cose, di andare oltre la loro apparenza e coglierne significati nascosti, metaforici o del tutto nuovi.
Già il fondamento del modo di vedere di Antonioni è la considerazione del reale come costituito di una profonda essenza a noi per lo più inarrivabile e irrimediabilmente distante, per lo meno non conoscibile fino in fondo o solo attraverso interpretazioni.
La sostanza di “Blow Up” è proprio questa: spostando il discorso sull’”esserci” dell’uomo come soggetto conoscitivo, la questione ora è: indagare empiricamente la realtà (gli ingrandimenti del fotografo) porta ad una conoscenza effettiva di essa, porta oltre le immagini, oltre la realtà nel suo apparire? Ovvero: è possibile conoscere la verità? E se presumo che questo sia possibile, come sapere se questa è solo una “mia” verità, solo una mia interpretazione di essa, se in poche parole mi sto ingannando? La posta in gioco è alta, si sta parlando degli eterni quesiti filosofici: Antonioni lo sa benissimo e non ha intenzione di risolverle in questi termini, lasciandoci il senso di un’obiettività impossibile.
Più significativamente, la figura del fotografo David Hammings è il pretesto per una riflessione sulla propria attività artistica. “Blow Up” può non essere il capolavoro di Antonioni, ma è significativo per la sua poetica e il suo linguaggio cinematografico. Si tratta di un nuovo punto di vista, di un nuovo modo di fare cinema come lo stesso Antonioni ha detto parlando del film: “Si allargano gli orizzonti intellettuali, si impara a guardare il mondo con altri occhi, ci si libera del provincialismo, forse anche del quietismo che qui in Italia ci sta addosso come una cappa […] Arrivo a dire: la crisi del personaggio del film è stata un po’ anche la mia, so di essere diverso da prima, proprio nel modo di stare di fronte alla realtà.”
Se è impossibile una considerazione oggettiva della realtà, impossibile sarà anche un ruolo obiettivo del cinema come approccio alla realtà. La realtà diventa più ambigua più la si esamina, una ricerca infinita che mai giungerà alla sua essenza: l’arte non potrà mai ridare la vera natura del reale perché fornisce rappresentazioni dell’apparenza, per lo più sottoforma di interpretazioni (si tratta veramente di un delitto? Lo possiamo solo supporre in virtù di certi indizi). Infatti l’unico modo di espressione per l’arte è la finzione (la partita a tennis immaginata), che mette in gioco, oltre allo sguardo, anche l’immaginazione di chi vede: vale a dire un’interpretazione.
Forse "Blow Up" è un film difficile, forse eccede di intellettualismo, ma sta anche in questo, e nella sua ambiguità e misteriosità il suo enorme fascino: in quelle sospensioni spazio-temporali che sono tipiche di Antonioni e che sono ineguagliabili, quelle inquadrature che sono come presagi, allusioni…
Lontano dall'essere un puro ritratto della Londra degli anni ’60, il film è talmente ricco di spunti, di indizi per sviluppare idee e ragionamenti, certo non espliciti, ma che si fanno sicuramente percepire; oltretutto questa ambientazione è genialmente funzionale al discorso di Antonioni sull’immagine.
Un'elegantissima regia che allestisce una storia davvero avvincente per la sua allusività ed enigmaticità, oltre che una fine riflessione intellettuale: Antonioni è un grande del cinema internazionale.

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