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Blues metropolitano

Regia di Salvatore Piscicelli vedi scheda film

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La recensione su Blues metropolitano

di mm40
1 stelle

Napoli & musica. Un intraprendente bulletto vuole fare strada nel mondo della canzone, ma per il momento si accontenta di farla sotto svariate gonne; sullo sfondo di un grande concerto si svolgono le storie di tanti altri musicisti o aspiranti tali.

E' questo. E' questo il film in cui si vede Barbara d'Urso tirare avida da un cilum strabordante hashish e di seguito infilare la lingua in bocca a Tony Esposito, visibilmente arrapatissimo. Più che cult, siamo nei territori della mitologia: Blues metropolitano è il peggio del peggio di quanto vi possiate immaginare pensando "anni Ottanta", "cinema da due soldi" e "stereotipi partenopei". Le uniche cose che evidentemente si salvano sono le comparsate in apertura e in chiusura, nei panni di sè stessi, di Pino Daniele e di Tullio De Piscopo; Tony Esposito è l'altra star della discografia napoletana coinvolta nel progetto, ma sceglie addirittura di rivestire i panni di uno dei protagonisti, con quanto ne consegue in ludibrio. Ma per sua fortuna non è l'unico attore improvvisato nella pellicola, anzi: quasi tutti coloro che entrano in scena sono totalmente allo sbando e non bastano neppure i ruoli affidati a Ida Di Benedetto e a Marina Suma per far sembrare Blues metropolitano 'cinema', sia pure di serie Z. Siamo alla recita dialettale della compagnia di quartiere, o fors'anche di condominio, a livelli da improvvisato saggio scolastico di fine anno; la scene che rovistano nel supertrash più profondo si sprecano e c'è davvero di che godere senza pausa per gli appassionati del disgustoso. Una sceneggiatura che a dire grossolana è farle un complimento (Carla Apuzzo insieme al regista) cerca di assemblare in un qualche ordine, foss'anche solo cronologico, scappatelle, giri di droga, risse e piccole furfanterie, sguaiate esibizioni canore di un gruppuscolo mal assortito di partenopei: se il Vesuvio è ancora in azione è probabilmente a causa di opere come questa. La Di Benedetto e la Suma provenivano da due precedenti film di Piscicelli, certo meglio riusciti per quanto non capolavori: la prima era in Immacolata e Concetta, l'altra gelosia (1979) e la seconda in Le occasioni di Rosa (1981); la D'Urso era invece alle prime armi in assoluto sul set (inutile sottolinearlo, si vede impietosamente bene). 1/10.

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